“Messa alla prova”   4 maggio ore 11        CAFFETTERIA DEL TRIBUNALE  c.so Vittorio Emanuele II 130

Ḗ un bel titolo per questa rassegna del Salone off. Non solo perché si adatta bene al mio Messa alla prova, ma perché, conoscendo qualche altro autore e libro, penso che davvero si possa approfondire l’argomento, non sempre considerato adeguatamente, delle persone e delle vicende “impigliate”, appunto, “ai limiti della legalità”.

Persone, come si racconta in questi libri, che vivono esperienze di istituzionalizzazione, prigioniere prima di tutto di se stesse e delle proprie scelte; o i bambini e i ragazzi, già sofferenti e deprivati, che hanno sperimentato dolorosamente sulla propria pelle, sino alla fine degli anni ’70, l’incapacità della scienza e delle istituzioni di prendersi davvero cura di loro.

Perché i limiti della legalità sono le necessarie barriere delle regole del vivere comune, ma ci sono pure i limiti, anche delle istituzioni, nel voler/poter conoscere davvero le persone che hanno variamente “a che fare” con le istituzioni stesse. Credo, insomma, che da questi libri emergano storie della più varia umanità, secondo punti di vista, anche “dall’interno”, che dovrebbero contribuire a scalfire pregiudizi e luoghi comuni.

Considerando le cronache di questi tempi/giorni, con episodi variegati di violenza nella sfera pubblica e privata a tutti livelli, smantellare il pregiudizio sembrerebbe impresa quasi impossibile: tali fatti alimentano, purtroppo, la strategia della tensione sociale, nutrendo schiere di haters virtuali e reali, che incrementano il numero dei followers dei portatori delle risoluzioni “forti”.

Ci sarebbe da scoraggiarsi, ma fortunatamente siamo anche “freschi” delle riflessioni fatte in questo ultimo 25 aprile. Una festa, quest’anno, nel vortice delle polemiche come non mai, ma come non mai portatrice di obiettivi chiari e a portata di mano: spendersi per qualcosa di giusto, buono per tutti e per ciascuno, senza perdere più tempo e senza esitazioni.  Da che parte stare, nuovamente, oggi, mi sembra facile da capire.

Quel “Non è questo il paese che volevamo”, detto da Carlo Smuraglia, presidente onorario ANPI, nella orazione ufficiale del 25 aprile nella mia città, è risuonato e risuona in tutte le coscienze che hanno voluto accoglierlo: un giudizio storico doloroso, ma anche un invito appassionato a nuove assunzioni di responsabilità.

Perciò, nella nostra realtà quotidiana, “giocare”, talvolta, “ai limiti della legalità”, cercando di superare quegli scogli normativi che possono racchiudere il germe di concrete ingiustizie, può significare “fare la differenza” e iniziare a tracciare un solco di ritrovata umanità.