Non so se sono io che accompagno lei o lei che porta me; fatto sta che, nell’ultima parte dell’anno, con Messa alla prova sono stato nuovamente, e parecchio, in giro, in contesti anche notevolmente differenti.

Il primo pubblico, il 13 novembre, è stato di adolescenti: molti, circa duecento. Si trattava di studenti di un istituto scolastico ubicato in una zona post industriale alle porte di Torino.

Non eravamo a scuola, ma nei locali di una nuova e attrezzatissima Biblioteca Civica multimediale, la più grande del Piemonte, presso la quale si organizzano anche progetti per la socializzazione dei giovani.

Il direttore generale della città (Settimo Torinese), una rappresentante dei Servizi sociali di zona ed io abbiamo cercato, partendo dai contenuti e dai personaggi del romanzo, di fornire ai ragazzi, oltre che informazioni, qualche chiave di lettura di una realtà complicata ma comunque vicina alle loro esperienze e percezioni.

Le domande, come molto spesso fanno i ragazzi, sono state poste all’autore con riferimento, soprattutto, alla sua vita e alle sue opinioni su certi temi, anche al di là del romanzo. Quindi, ancora una volta, giovani “affamati” di testimonianze e di parole sui modi di “spendersi”, per riuscire da parte loro ad entrare in empatia con l’argomento, una storia di qualcuno o qualcosa a portata di mano.

Spero di essere riuscito a soddisfare, almeno in parte, questa “fame” di ascolto. Non è solo questione di suscitare e mantenere la loro attenzione. Lo sforzo è farli coinvolgere emotivamente ˗ questa volta attraverso un romanzo ˗ su questioni che li riguardano a volte da molto vicino, ma che rischiano di sembrare astrazioni lontane dalla loro vita.

A fine mattina Malavoglia e soci hanno ripreso il “trenino” locale, questa volta verso Torino, riflettendo su quei ragazzi e quelle ragazze. Non importa, o importa solo fino a un certo punto, se e quanti di loro leggeranno Messa alla prova. L’importante, anzi l’essenziale, è che si rendano ben conto che la messa alla prova, nella vita, c’è anche se non si vede, per tutti.

Dopo gli spazi modernissimi della Biblioteca Archimede di Settimo Torinese, a fine novembre Messa alla prova si è tuffato nei vicoli del centro storico di Genova, a pochi passi dal Duomo e dalla casa di Colombo, in un giorno di eventi e personaggi di ben altro rilievo rispetto a quelli del romanzo. Si apriva, infatti, il Congresso annuale dell’Associazione Nazionale Magistrati, alla presenza anche del Presidente della Repubblica.

Lo spazio, fornito dall’associazione culturale che ci ospitava, questa volta era ristretto. Ma ciò ha consentito agli intervenuti, fra cui il presidente del Consiglio Regionale Ligure dell’Ordine degli assistenti sociali, di condividere quasi fisicamente, oltre che appassionatamente, il dialogo su cui era incentrata la presentazione: quello fra me e due magistrati, uno dei quali è il presidente del Tribunale per i minorenni di Genova. Come al solito, Malavoglia e gli altri personaggi adulti hanno suggerito al pubblico stimoli di riflessione differenziati, mentre le vicende di Vito sembrano trovare subito immediata empatia, ma poi generano anch’esse diversi filoni di discussione.

Al di là degli specifici punti di vista, ciò che mi stupisce ogni volta è come la realtà delle esperienze, anche professionali, di pubblico e presentatori si senta interrogata dalle dinamiche e dalle relazioni dei personaggi del romanzo, come se questi fossero dei potenziali veri utenti, su cui misurare le risorse e le proprie scelte. Quelle già fatte o potenzialmente da fare.

Vito e i suoi compagni di messa alla prova esistenziale sono lusingati da questa verosimiglianza, anche se a volte vorrebbero ˗ me lo hanno fatto capire ˗ anche un po’ di autonomia come veri personaggi di un romanzo, struttura narrativa aperta alle metafore e alle suggestioni. Finirà, come in qualche opera celebre, che prenderanno loro in mano la situazione per organizzarsi e presentarsi da soli, così come ritengono di essere …

Differente la finalità dell’incontro svoltosi il pomeriggio del 6 dicembre nel Palazzo di Giustizia di Firenze, organizzato dalla Camera Minorile di quella città.

Qui si trattava di fare una riflessione sullo strumento della messa alla prova a trent’anni dall’entrata in vigore della normativa che introdusse nel nostro ordinamento questa ed altre novità. Il pubblico era essenzialmente di avvocati, ma c’era anche un magistrato minorile e, credo, qualche operatore dei Servizi.

Il mio intervento (La messa alla prova fra diritto, realtà della vita e suggestione letteraria) partiva dalla mia esperienza della map sul campo e dalla mia valutazione di essa. Ho ( in estrema sintesi) segnalato come, secondo me, questa esperienza, con tutte le positività e talune difficoltà ˗ da valutare in un’ottica pluralistica e pluridisciplinare, così come è collegiale e “misto” il giudice minorile ˗, negli anni abbia messo in luce sempre di più l’importanza di un atteggiamento culturale “aperto”, sempre attento alle nuove dinamiche delle relazioni, culturali e sociali, e ai nuovi bisogni educativi.

Tutto questo, poi, ha acquisito in chiave letteraria connotati suggestivi, se non proprio simbolici. Nelle pagine di Messa alla prova “parla” la realtà di storie difficili, ma possibili e vere, in territori difficili e veri delle nostre città e dei nostri giorni. Una realtà da cogliere attraverso emozioni, esperienze e sogni dei personaggi… e anche dell’autore.

Messo ulteriormente alla prova da queste tappe del viaggio (le ultime del 2019, ma non le ultime in assoluto: ho già una “data” nel 2020…), con il mio libro in borsa o in valigia ho ripensato, nel ritorno, a quanto devo ai miei personaggi da quando il romanzo è uscito ed è iniziata questa serie di eventi grandi e piccoli (35, al momento). Mi hanno avvicinato a esperienze anche molto diverse, a differenti paesaggi, a realtà territoriali spesso molto sensibili, partecipi e coinvolte. Sempre, perlomeno, interessate.

Così, riponendo il libro nello scaffale di casa, è sembrato anche a me ˗ fantasiosamente, è ovvio ˗ di sentire uscire dalle pagine la voce “Nati vivi, vogliamo vivere”. Vorrà dire che, pur nel microcosmo di Messa alla prova e del suo autore, i personaggi sono capaci di avvicinare ancora di più, e più profondamente, alla vita l’autore e, si spera, anche i lettori.