Eccolo!
finalmente, qualche giorno dopo Pasqua, è arrivato!
Mentre sta cercando di entrare in magistratura, Fabrizio scopre l’identità del suo vero padre: un magistrato che si era improvvisamente dimesso, era scomparso e di cui era stata dichiarata la morte presunta. L’indagine che decide di compiere, nonostante molti ostacoli, sulla vicenda e l’effettiva sorte del genitore gli farà scoprire una storia personale e familiare legata alle vicende italiane degli anni ’70-’80, in cui la magistratura aveva dovuto fronteggiare le sfide, talvolta congiunte, del terrorismo e di una criminalità organizzata sempre più aggressiva. Quella storia è ancora aperta, irrisolta, e per affrontarla Fabrizio dovrà muoversi fra il Nord e il Sud d’Italia e tra situazioni e persone spesso ambigue e disinteressate a una verità e una giustizia effettive. Il tema della riparazione, affrontato dall’autore già nel precedente romanzo Fronte Sud, è qui declinato in un intreccio di vicende che si scioglierà drammaticamente ma aprendo spazi per nuove storie, non più condizionate da un passato riemerso come un lungo incubo.
Uno come tanti è il mio quarto romanzo, ma il primo non “minorile” dopo Messa alla prova, Un anno strano e Fronte Sud.
In un certo senso il più impegnativo, perché ho scelto di impostare la narrazione soprattutto nell’ottica di un protagonista, Fabrizio, lontano da me per età e storia.
Ma mi interessava guardare alla giustizia, e alla complessità dei contesti che la riguardano, non da lontano e dall’alto ma quasi identificandomi, empaticamente, con quei “giovani innamorati della giustizia” ai quali il romanzo è dedicato.
Né Fabrizio né il padre Matteo (di cui il figlio ha solo un diario e un racconto lasciati prima di sparire) sono magistrati: uno non lo è ancora (e potrebbe anche non diventarlo), l’altro non lo è più ˗ chissà se per sua scelta effettiva, comunque difficilmente comprensibile ˗ da decenni.
Fra di loro c’è un grande vuoto, una nebulosa che avvolge molta della storia di anni lontani teatro di vicende i cui effetti, peraltro, incidono ancora su Fabrizio. La scelta del giovane ˗ travagliata, ostacolata dal timore di imbattersi in verità scomode se non sconvolgenti, ma alfine determinata ˗ sarà quella di non ritrarsi e di non interpretare la complessità in astratto e a tavolino, come svolgendo un tema nel normale percorso di accesso alla magistratura.
Nei capitoli centrali e finali del romanzo quella complessità esploderà, facendo vittime ma aprendo un varco per la piena comprensione e la riparazione autentica, ancorché oggetto di disinteresse da parte dei più, che hanno chiuso altrimenti i conti con il passato o, semplicemente, lo ignorano. Le sfide di oggi e di domani potranno, comunque, essere affrontate con la consapevolezza che, al di là dei prezzi pagati, un solco è stato colmato e il filo spezzato fra le generazioni è stato idealmente ricucito.
Se questo è l’asse portante del romanzo, s’intrecciano ad esso vari temi (fra cui quello degli anni di piombo, in cui ero magistrato a Torino) e personaggi, come sempre nei miei romanzi, molto vari, talvolta sorprendenti in un senso o nell’altro. Sono, naturalmente, anche femminili (Franca, Martina, Rosaria, Annare’…), spesso con ruoli di spicco.
Uno come tanti è anche ciascuno di noi, chiamato a decidere se arrendersi o meno a ciò che viene dato per scontato, ma può essere frutto di arbitri, errori, ingiustizie.
Una resistenza civile a cui, oggi come ieri, non ci si può sottrarre.