Messa alla prova ha incominciato a viaggiare.
L’ho presentato a Padova a fine ottobre grazie all’interesse della locale Camera Minorile, che proprio in quei giorni festeggiava i dieci anni di attività. Poi c’è stata la trasferta, nell’ultima decade di novembre, a Firenze e Bologna, questa volta grazie alla disponibilità del dirigente dei Centri per la giustizia minorile delle due città e delle varie persone intervenute, fra cui i presidenti dei tribunali minorili e, a Bologna, anche il procuratore minorile della Repubblica.
Esperienze sempre diverse ma sempre stimolanti. Quando poi, come a Firenze, la presentazione è in un palazzo affrescato del ‘500…
Ciò che maggiormente mi gratifica è vedere come pubblici diversi e lettori diversi riescano a trovare nelle pagine di Messa alla prova spunti di riflessione differentemente orientati ma anche condivisione di stati d’animo, di suggestioni o motivi di testimonianza comuni.
Questo capita, naturalmente, a condizione di leggerlo davvero come un romanzo, cioè come uno strumento frutto di libera creatività e legato all’espressione di emozioni; quelle dell’autore – certamente- ma anche quelle dei lettori, che possono rivivere – o semplicemente vivere – emozioni e sentimenti attraverso le storie, anche di dentro, dei personaggi.
Un romanzo deve avere anche altre finalità? Riapriremmo una questione dibattuta da sempre sulla funzione dell’arte e delle attività espressive. Non è questa, certo, la sede, ma io credo che se, leggendo, riusciamo a pensare e a rivedere il mondo, il nostro e quello degli altri, anche con occhi diversi avremo già realizzato molto; proprio nella realtà di oggi, che spesso vanta l’abolizione della diversità e delle differenti interpretazioni di essa come dato di cui vantarsi.
Con Messa alla prova, probabilmente, non ci si rassicura, ma, forse, si riesce a sperare ancora, anche in quelle storie e situazioni in cui il futuro sembra già delineato e compromesso.