Spiaggia al mattino. Al primo colpo d’occhio tutto sembra, più o meno, come sempre.
Bambini che giocano con paletta e secchiello sotto l’ombrellone; signore distese sul lettino, anche se il sole è ancora un po’ incerto tra le nuvole, si muovono solo per rinnovare la crema solare e riprendere la postazione; altre signore, meno giovani, sono in acqua ma stanno ferme, dove si tocca ancora o appena appena, disposte a cerchio, e commentano i fatti del giorno. Invero non sono, propriamente, i fatti del giorno. O, meglio, ci sono anche quelli, ma solitamente l’argomento principale varia con il calendario. All’inizio delle vacanze argomento prioritario è il commento sui familiari, con particolare predilezione per le nuore; poi si passa alle discettazioni sulle ricette di cucina, nelle infinite varianti possibili; infine, ma rigorosamente dopo Ferragosto, si incomincia a parlare di scuola, di impegni, di meriti -ma più spesso demeriti- degli insegnanti. Gli uomini, invece, stanno solitamente sulla riva, parlando di calcio, delle cene gustate nei locali dei dintorni, ecc…; oppure, in un certo numero, sono incollati al cellulare, intenti a dare disposizioni in ufficio o a trattare (piuttosto spesso) questioni legali di varia natura, in costume da bagno ma con tono compreso come in ufficio.
Nell’estate Covid, se non fosse per gli ombrelloni volenterosamente distanziati dai bagnini, per i gel detergenti disposti all’ingresso come soldatini all’attacco, per qualche mascherina più meno vezzosa appesa (o dimenticata?) ad una sdraio, lui, il SARS CO V2, sembrerebbe essere innominato e innominabile.
In realtà è fin troppo presente, proprio in questa rimozione collettiva che vive nei piccoli e grandi assembramenti, sull’arenile come nelle grigliate fatidiche e sciagurate che fanno poi parlare di cluster e paventare zone rosse. Questa è l’estate in cui solo pochi mesi fa non credevamo o non speravamo, ma in cui ora si fa di tutto per sentirsi come sempre, forse cercando in questo modo di non pensare al settembre imminente, alla scuola che riapre (?) e ai problemi dell’economia.
Il termometro scanner che in ogni dove ci misura la temperatura non riesce, però, a mettere bene a fuoco gli umori dei vacanzieri, mai come quest’anno ben radicati e anche fermi, incollati, su convinzioni condivise, almeno a gruppi, come nel caso delle posizioni “negazioniste”, che anche in Italia hanno trovato i loro sponsor e sostenitori. Questo posizionamento su barricate contrapposte è da sempre una caratteristica dei momenti di crisi, a cui oggi possono aggiungersi nuove argomentazioni.
Così, nel ribollire dei risentimenti nuovi e di sempre, sul giornale di oggi si racconta di un padre italiano che su un noto lido ha preso a pugni un ragazzo di colore, peraltro italianissimo, con il tono del giustiziere “perché venite qui a violentare le nostre bambine!”. Ma con civica soddisfazione leggiamo anche del figlio, bambino, di questo signore, che ha cercato di fermare il padre e i di lui sodali comprendendone i timori inconfessati e dicendo: “papà, basta, qui c’è posto per tutti, non devi temere, ci possiamo stare tutti!”. Ovviamente ci siamo chiesti se la saggezza del figlio sia merito della madre o dell’educazione esterna alla famiglia, magari persino della scuola…
Già, la scuola: anche quest’anno, tra didattica a distanza, nevrosi da connessione internet ballerina e contesa con lo smart working domestico, è riuscita comunque a instillare nei giovani un richiamo estivo con i fatidici compiti delle vacanze, da ritrasmettere on line, da caricare su piattaforma o semplicemente da portare al rientro. Non senza suscitare diatribe: se davvero debbano essere fatti o “balzati” sperando in un rientro più centrato sulla relazione che non sulla didattica…
Anche su questo, sulla mia spiaggia, un interessante duetto: madre insegnante, figlio adolescente rattristato dall’idea di “chiudersi oggi a fare i compiti” ma convinto della necessità di farli. La madre non invoglia il figlio ai compiti (che in francese sono anche linguisticamente associati ai doveri “les devoirs”), ma anzi gli suggerisce la rivendicazione di un nuovo diritto: “Tu hai avuto un ottimo credito e una buona media, i compiti li fanno gli altri, quelli scarsi. Se no, per cosa si è bravi a fare se non c’è qualche vantaggio? Svegliati, pensa che dalla scuola comincia la difesa dei propri diritti…” Però si sente rispondere: “Ma allora tu fai queste preferenze a scuola? Allora per te essere bravo significa sentirsi superiori e fregarsene?” Risposta forse incompleta sul piano argomentativo ma promettente sul piano civico, anche se rivelatrice di delusione e voglia di riscatto.
Proprio mentre sfoglio le pagine del mio Un anno strano per parlarne con qualche coraggioso lettore del posto o bagnante, un altro dialogo sul bagnasciuga attira la mia attenzione. Questa volta la partecipazione e i commenti sono corali, persino le signore ferme in mare sono uscite per dire la loro.
Si commenta una rissa svoltasi sulla passeggiata a mare la sera precedente, una rissa tra giovani non del posto, finita con sfogo violento di rabbia, botte da orbi e atti vandalici prima dell’intervento dei carabinieri. “Si ha un bel dire, ma quando si è così da ragazzi, non si cambia poi più. Questi ne avevano già combinate tante a casa loro, sono venuti qui a rovinare le panchine, a sfondare i vetri dei locali, perché sono già marci. Però quando sono ragazzi la giustizia non fa niente di niente, dicono che devono crescere, che cambieranno”. “No, quando sono così non cambiano più, è inutile sperarci, spendendo soldi e mandandoli a guardare i vecchietti o a fare il servizio civile. Galera e galera, solo questo. Bisogna avere il coraggio di dirlo, sono diversi e sono già malati dentro…” – “Una volta non si perdeva tempo a parlarne. Poi si dice, ma anche qualche botta a caldo ben data gli faceva passare la voglia un’altra volta” – “Tanto è inutile, perché la giustizia dei ragazzi non esiste, solo parole e tanti soldi persi”.
Amaro ammetterlo, ma il contesto è tale che mi sembra inutile cercare di inserirsi in questo fiotto rassicurante di sentenze già passate in giudicato. Accennare, in costume da bagno, qualcosa in controtendenza non potrebbe che risultare incomprensibile o fonte d’ironia, come se l’intruso puntasse, in realtà, solo a “vendere” e per giunta al pubblico sbagliato. Riguardo il mio libro e penso alle presentazioni che (finalmente!) inizierò a fare più o meno a breve. Forse, nel pubblico, ci sarà anche chi la pensa così … Le solite sfide, comunque da affrontare. Ne vale la pena.
Guardando attorno, mi accorgo che i ragazzi più giovani della spiaggia hanno preferito, dopo le prime battute del discorso, allontanarsi e andare a sedersi all’ombra, qualcuno perfino a fare i famosi compiti. Andrea, un ragazzino che aiuta gli altri più piccoli appunto a fare i compiti, forse per arrotondare la paghetta o forse per avere ascendente su di loro, sta dicendo: “Non vedo l’ora di andare a scuola, in presenza. Quante belle discussioni possiamo fare e chiarirci le idee, altrimenti c’è il rischio di appiccicarsele e non cambiare più…”
Ormai il sole è alto, comincia anche il caldo e scelgo di allontanarmi. In fondo, questa mattina posso essere anche contento: tra un discorso e l’altro, ho visto già farsi largo parecchi raggi di sole che l’hanno spuntata sulle nuvole. Sarà una bella giornata.