Sospeso. Forse è la parola più adatta per indicare lo stato delle cose prevalente in questo periodo. Sospesi gli appuntamenti, sospesi incontri e manifestazioni, sospesi programmi individuali e collettivi.

Siamo tutti costantemente in attesa di un evento che sblocchi, che dia una direzione chiara e possibilmente nuova. Ma quale evento e verso dove? Verso là dove eravamo prima che un invisibile virus segnasse un muro divisorio, invisibile anch’esso ma invalicabile, tra il prima e il dopo? Non sappiamo rispondere, anche se, forse, un approdo già conosciuto ci tranquillizzerebbe.

Il lavoro è spesso svolto a casa, i negozi consegnano a domicilio, a casa i ragazzi aprono stancamente i loro devices, fino a ieri tanto amati, per fare scuola o, meglio, subirla …

Si muovono critiche alla didattica a distanza, soluzione emergenziale e non gradita perché i più scoprono, sembra solo oggi, che a scuola “in presenza” ci andavano volentieri e dichiarano apertamente, forse per la prima volta, che ci si sta volentieri, soprattutto perché si hanno relazioni. Con i compagni, con gli amori appena sbocciati, perfino con gli insegnanti.

Tutt’altro che sospese invece le lamentele: le attività commerciali e imprenditoriali in grave perdita, il settore turistico alberghiero e quello della ristorazione in caduta verticale di profitti. Non sanno quale domani immaginare, quale prospettiva e in quali tempi, non sanno cioè nemmeno che cosa attendere. Purtroppo non si sentono lamentele altrettanto vivaci da parte del pubblico delle biblioteche, praticamente inagibili da moltissimi mesi e flebili voci si levano anche per i musei inesorabilmente chiusi; rammarico per i cinema e i teatri, ma soprattutto e giustamente da parte dei lavoratori che si trovano ulteriormente precarizzati in una situazione già difficile.

I dialoghi, le discussioni e le spiegazioni affidate al web sembrano fotografare la realtà in una sorta di screenshot del mondo e dei suoi problemi.

Anche di libri si parla: come sempre sulla carta stampata dei giornali, ma soprattutto on line, con seminari e dibattiti. Servirà a far leggere di più? Il libro e le sue parole continuano a veicolare i pensieri, i dubbi, i sogni?  Purtroppo pare che, nonostante le chiusure in casa più o meno rigorose, in questi mesi si siano acquistati meno libri. Ciò non vuol dire che si sia letto di meno, magari è stato scoperto o riscoperto qualche libro già sugli scaffali o ci si è affidati maggiormente ai formati elettronici. In effetti le parole possono risuonare anche grazie agli algoritmi …

Già iniziano a fiorire esperienze letterarie su questi tempi e su questi giorni, ma le classifiche di vendita sembrano però privilegiare narrazioni senza tempo, scenari del passato, realtà distopiche (se ancora tali…) apparentemente poco accattivanti.

Oggi, poi, meno che mai si sa se la letteratura debba ancora rispondere al famoso dettato di Sartre secondo il quale “parlare è agire sulla realtà e io devo parlare soltanto pensando di cambiare”.  E dire che cose da cambiare, anche attraverso la parola, in effetti ce ne sarebbero parecchie, proprio in una realtà che viene vissuta e narrata in termini fortemente polarizzati. Come rispetto al virus, o si è positivi o si è negativi, o si è catastrofisti o negazionisti, o complottisti o sudditi ignavi, o no vax o propugnatori di qualsivoglia vaccino per chiunque. I dibattiti moltiplicati all’infinito non fanno che ribadire questa dinamica, schierando esperti su posizioni opposte e contrapponendoli perché anche il pubblico possa prendere posizione. C’è chi afferma e chi nega, chi distingue e analizza, chi invece semplifica fino alla superficialità, voluta o no, della comunicazione. La scienza, oggi, è ben lungi dall’essere considerata dal grande pubblico oggettiva e soprattutto neutrale. E se porre dubbi è il fondamento principale non solo del metodo scientifico ma anche dell’argomentazione filosofica, non sono veri dubbi quelli che vengono avanzati, ma prese di posizione ciascuna con i propri guru e i propri fan.

Ovviamente, come ci raccontano tutte le opere letterarie legate, nei secoli, alle epidemie, queste contrapposizioni ci sono sempre state in occasioni simili, frutto anche di massicci meccanismi difensivi e di carenze culturali spesso sottovalutate. La grande consolazione del Bene e del Male che si fronteggiano a duello.

Anch’io, ovviamente, sono immerso in questa atmosfera. Ma penso spesso anche ai personaggi dei miei libri o dei miei racconti (sì, in quest’anno strano ho iniziato a cimentarmi anche nel racconto breve). Anche loro sono “sospesi” in questo periodo in cui non si possono fare presentazioni, ma cercherò di dare loro anche una voce digitale. Li farò parlare affidando al web, attraverso di me, la loro voce e il loro messaggio.

Una cosa certa, che emerge chiaramente, è che nel mio mondo narrativo, pur piccolo, non c’è una partita di boxe tra Bene e Male. O meglio: forse la partita c’è, ma è di squadra e i giocatori non giocano sempre nella stessa parte del campo, i loro cambi di posizione a volte sono impercettibili, ma ci sono. Insomma, come ho scritto nella dedica di Un anno strano, non penso che si debba soggiacere alla logica dei due poli, positivo e negativo, dei “predestinati al male cagionato o subito”; e ciò tanto che la predisposizione sia genetica (?), per carattere, per immutabilità del gioco di ruolo. Quest’ultimo, del resto, è scelto spesso da altri per noi e quando, poi, si parla di ragazzi i giochi sono tutt’altro che fatti. Pur se va detto che la logica oggi prevalente non è certo questa.

Da studenti ci facevano analizzare fino allo sfinimento il verso dantesco “liberi soggiacete al volere dei cieli”. Anche il padre Dante (è il suo anno, no?) sottolineava la libertà, innanzi tutto. Libertà di credere nel cambiamento possibile e nella non ineluttabilità del negativo; cioè, in sostanza, nel libero arbitrio che consentiva a lui, per esempio, di fare con la sua opera “come il vento che le più alte cime percuote”.

Certo, innanzi tutto bisognerebbe, in ogni ambito della propria vita, sentirsi pienamente liberi. Cosa ardua nei nostri giorni sospesi, in cui secondo alcuni anche le libertà sono state sospese. Le abitudini certamente, ma non confondiamo e sovrapponiamo le disposizioni per evitare gli assembramenti, nella vita sociale e familiare, con la perdita di libertà. Vorrebbe dire che finora abbiamo percepito una dimensione di libertà ben limitata, legata al fare e al non fare. A un polo positivo e a un polo negativo. Ma, come dicevano i filosofi, prima di tutto libertà è essere, non fare.

Per fortuna, liberamente, siamo ancora capaci di creare, esprimerci, criticare, sognare. E non sarà un polo negativo o positivo a dare dei limiti alla nostra possibilità di cambiare.