Videoclip di presentazione della novità : https://youtu.be/RqpvAcuxbXs

Ecco, ci siamo! Finalmente ho potuto toccare con mano il mio nuovo romanzo, fresco di stampa. Nell’imminenza di Pasqua, come una sorpresa impaziente di uscire dall’uovo. Si intitola Un anno strano…. Qualcuno ha parlato di titolo profetico, ma le profezie, meno che mai di sventure, non c’entrano.

Ci sarà tempo per discorsi più approfonditi. Ora cerco di rispondere a qualche curiosità emersa parlando del libro con amici e conoscenti.

La prima: che collegamento c’è tra il titolo e l’immagine, in copertina, della ragazza nel bosco avvolto dalla nebbia?

Tutti noi stiamo sperimentando che questo 2020 è un annus horribilis, molto più che strano, ma “strane” sono diventate molte nostre abitudini, anche le più quotidiane: ci si lava le mani con frequenza e modalità che un ignaro psicologo valuterebbe, in astratto, un po’ ossessive, si va a fare la spesa o a comprare il giornale pensando a sortite rischiose per la propria incolumità. Ci sono momenti o situazioni in cui la normalità diventa o fermarsi e nascondersi o fuggire da qualcosa, da qualcuno, che sia un virus o una nostra paura.

Nel mio romanzo a fuggire, spesso, è la protagonista, un’adolescente da sempre alla ricerca di compensazioni per il suo enorme vuoto affettivo. Le compensazioni, non solo negli adolescenti, inducono il bisogno di assumere identità forti – o comunque considerate tali – e la nostra protagonista si è trovata costretta a scegliere l’identità di “dura”, di ragazza bandita, ma non in bande di ragazzini (anche se compaiono, qua e là, anche loro) bensì di adulti.

Ciò che vivrà Romy (si chiama così: Romina, detta Romy) attraversa sei mesi di un anno strano per lei, ma anche per quelli che la incontrano; un anno su cui il suo passato grava più che mai ma in cui, passando per infinite “prove” (e una moltitudine di contraddizioni, errori, ecc…), si schiuderà qualche spiraglio per un futuro diverso.

Anno strano potrebbe essere considerata, in fondo, la vita tutta; ma per Romy è anche l’anno di un’occasione di svolta, così come pensiamo anche noi in questo periodo. Una svolta possibile di umanizzazione, a patto di riuscire a dare un nome alle esperienze terribili del passato per riconoscerle, dominarle e renderle inoffensive o, addirittura, per tramutarle in motori di cambiamento per un nuovo futuro.

 Mai come quest’anno è Pasqua, ha detto giustamente qualcuno, e mai avevamo visto immagini straordinarie negli scenari più vari: dai medici e dagli infermieri eroi, nelle corsie come nelle trincee, alla basilica di S. Pietro e alla stessa piazza buie e vuote. O quasi. Ed è da un quasi che – nel romanzo e, spero, anche nella vita – scatterà la molla per uscire dall’angolo, per fare di quell’ultimo appiglio la base della ripartenza. Dipende dal Covid ma soprattutto da noi. Nel loro piccolo, certe figure del mio romanzo pensano lo stesso.

Seconda curiosità: ci sono altri personaggi?

Sì, certamente, ci sono altri personaggi che gravitano intorno a Romy e alla sua vicenda: magistrati anziani (soprattutto Malavoglia, anche se qualcuno tende a trattarlo da ancora più anziano o peggio, per emarginarlo) e altri molto giovani, avvocati, psicologi, agenti carcerari, cioè tutti gli addetti ai lavori, soprattutto nell’ambito giudiziario minorile. Ma ci sono anche strani personaggi del passato; un passato che ritorna, camuffato, nel presente, ed incombe anche sui giovani, come un’eredità nefasta da scrollarsi di dosso per poter esercitare, nel presente e nel futuro, scelte responsabili.  Ci sono naturalmente anche tanti ragazzi con le loro storie: storie di provincia e di quartieri urbani periferici e difficili, storie di viaggi dall’Africa, storie di persone semplici in una campagna semplice, che a volte riescono a fronteggiare la complessità del reale meglio degli esperti.  Per tutti loro l’anno strano è il loro stesso percorso di vita, con illusioni e delusioni, scelte a volte irresponsabili e dannose, a volte tenere e velleitarie, nell’alternanza tipica degli affetti della vita e dell’anno strano che ciascuno di noi attraversa vivendo.

Altra domanda: è nuovamente una storia minorile, dove si riflette ancora l’esperienza di lavoro di tanti anni?

Sicuramente è una storia minorile, ma gli orizzonti molto più vasti che riguardano i personaggi adulti la trasformano subito in una storia che riguarda e coinvolge tutti. Tutti abbiamo momenti e passaggi difficili nel nostro percorso e affrontarli in uno scambio di relazioni umane aiuta certamente a leggere le nostre storie, specie quando si collegano alla Storia con la S maiuscola, non come segnate una volta per tutte dal destino o dalla sorte di un certo momento e contesto di vita. Certamente si ritrovano nel libro discorsi, pensieri e vissuti emotivi che muovono dai miei anni in magistratura, ma l’anno strano riguarda, esistenzialmente e non solo professionalmente, l’esperienza di ciascuno di noi: di me autore come persona, innanzi tutto, e così per i lettori. Spero che essi riescano a cogliere tutte le metafore di questa “uscita dal bosco” della protagonista, dei comprimari e …. di noi stessi, che forse, prima, pensavamo di non esserci mai nemmeno entrati, in quel bosco.

Ѐ proprio vero ciò che dice il proverbio africano che ho voluto citare in calce al testo: Saremo sempre responsabili degli occhi che abbiamo incontrato. Spero davvero che questo libro accompagni tutti in un momento di ripresa e di speranza.

Buona lettura, quando sarà. Per intanto guardatevi il videoclip di presentazione!