Venerdì 11 gennaio ho presentato Messa alla prova nella sala incontri della Biblioteca Civica centrale di Torino.
Una location  in cui mi sento particolarmente a mio agio, sia perché è sempre bello parlare di un libro in una biblioteca così frequentata, sia perché quella biblioteca è un luogo a cui sono particolarmente affezionato.

Mi fa tornare alla mente tante ore di studio da liceale e da universitario e tante ricerche… Cominciavano con la consultazione dei soggetti nell’apposito schedario a cassettini di legno chiaro, poi c’era l’attesa al banco della distribuzione e non sapevi fino all’ultimo se il libro cercato era disponibile o in prestito…

Ricordi di un maturo signore, visto che oggi, invece, si conoscono perfettamente gli schedari e la disponibilità dei libri, fin da casa, grazie ai cataloghi digitali on line.

Ricordi messi alla prova, pure loro, durante la serata. Sì, perché c’erano anche alcuni miei compagni di ginnasio/liceo, materializzatisi come per incanto dopo tanti anni, apparsi tra gli scaffali, tra una pila di libri e l’altra, sempre uguali a se stessi nella gioia del ritrovarsi. Come se fossimo stati, ancora, tutti ragazzini e loro contenti come pasque perché Tomaselli, alla cattedra, stava prendendo un insperato nove d’italiano.

Una vera nota di gioventù, un rapporto con gli adolescenti di oggi e non di ieri, è stato introdotto dalle ragazze della redazione di un giornale scolastico, anche questo on line, fresco e dinamico proprio come le sue redattrici, accompagnate dal loro docente- tutor.
Le loro domande hanno subito centrato un tema-chiave (il rapporto tra giustizia e ingiustizia, nella vita e nel romanzo) e sono sfociate in un quasi provocatorio: “perché un giovane dovrebbe leggere questo romanzo, visto che è legato a vicende di giovani ma anche di tanti adulti?”

Una domanda cruciale per verificare la possibilità di utilizzo del romanzo come un canale di comunicazione “ad ampio raggio”. Ho risposto con esempi di passi del libro dove compaiono figure di giovani e di adolescenti, evidenziando la possibilità di identificarsi e di compiere, quindi, un percorso con i personaggi.

Un percorso verso che cosa?  L’ho già detto: nel romanzo non c’è un cammino che porta a uno scioglimento “felice” della vicenda, ma c’è sicuramente una cammino di incontro con gli altri; con i loro problemi, ma anche con la loro capacità di emozionarsi e coinvolgerci in nuove dimensioni di speranza.

Penso che i giovani lettori, anzi, coglieranno proprio questo prima di tutti gli altri, al di là dell’intreccio e delle vicende dei numerosi personaggi: è “l’aria che tira” nel libro, con le pagine drammatiche e comiche a volte intrecciate come l’umore di un adolescente, con le figure di tanti adulti che si credono tali ma che in realtà sono a tratti – o sempre – adolescenziali anche loro, nelle scelte o nei desideri, con  le grandi domande dell’esistenza vissute con difficoltà, ma anche consapevolezza, proprio dai più giovani.

Sì, penso davvero che i ragazzi ˗ o, comunque, i giovani ˗ possano identificarsi, trarre spunti per pensare, forse anche per considerare gli adulti (o apparenti tali) da un altro punto di vista, “incasinati” come loro nelle vicende della vita; vicende che, però, possono essere sbrogliate, almeno in parte, se non si affrontano da soli e, soprattutto, da un unico punto di vista.