Che cos’hanno in comune la fotografia che mostra un palco su cui avviene una premiazione, quella di un giardino su un lungomare in un tramonto nuvoloso e quella di uno squarcio di luce, tra nembi minacciosi, che sembra la foto iconica dello Sturm und Drang? Immagini oniriche, caleidoscopi di ricordi?
Piuttosto spunti di memoria di un recente viaggio in Calabria, a metà dicembre 2024.
“Accostò con l’auto in un punto della strada vicino al mare; che quel giorno era così grigio da sembrare il Mar del Nord…” (1)
Questa volta, però, non si tratta del viaggio di Fabrizio, protagonista 1 di Uno come tanti, in Calabria alla ricerca di Matteo (il protagonista 2); viaggio compiuto, nel romanzo, proprio in quel periodo dell’anno perché così aveva immaginato l’autore, che ovviamente non poteva immaginare anche cosa gli avrebbe riservato, per quel romanzo, la realtà.
Fabrizio e Matteo, con gli altri personaggi che fanno vivere le pagine di Uno come tanti, sono un po’ la causa del mio viaggio come autore a metà dicembre. Una causa molto gradita perché riguardava il conferimento del premio letterario “Città di Siderno” (alla sua XX edizione) e le fotografie si riferiscono proprio a momenti di quella bella giornata.
Oltre alla soddisfazione per il primo premio, accresciuta dall’accoglienza cordialissima e dall’apprezzamento dei componenti della giuria e degli organizzatori, c’è stata l’emozione di un contesto festoso che ruotava intorno alla scuola e ai libri.
Il luogo della premiazione, un grande istituto scolastico dove sono convenute, a discreta distanza dai viali del centro sfolgoranti di luci e con i locali affollati per le apericene, tantissime persone, pur in un sabato sera di metà dicembre dedicato dai più agli acquisti prenatalizi.
Un palco sul quale adolescenti motivati hanno dato conto pubblicamente, davanti a tanta gente, del loro impegno per letture utili a informarli sul passato e sul presente della loro terra nonché sulle storie di persone che in essa si sono spesi. Un istituto scolastico dove incontri un operatore contento di riordinare i locali, in un sabato sera all’ora di cena, perché c’era stato un evento davvero speciale…
In quei momenti ho percepito appieno l’importanza di essere lì, come se la mia presenza fosse un’ulteriore testimonianza, oltre alla scrittura, di sostegno a quanti cercano di costruire, al di là della difficoltà dei contesti, percorsi grazie ai quali sognare il futuro non significhi necessariamente, per i giovani, cercare un “altrove” dove andare a vivere e studiare e nemmeno adattarsi all’inesorabilità di rapporti centrati su equilibri consolidati tali da tagliarli fuori o marginalizzarli.
“Il mare era lì, l’amico e il nemico di sempre. Uno che ti ascolta, ma è capace, se gli dai troppa confidenza o non rispetti i suoi tempi e le sue regole, di prenderti anche la vita. Quella vita, nuova, che i migranti cercano anche a rischio di perdere tutto.” (2)
Soddisfazione anche per aver trovato tante persone che hanno affiancato e percorso le strade dei miei personaggi, comprendendoli e valorizzandoli, cioè facendoli propri nel loro messaggio di resilienza, di scelte, di impegno. Un viaggio ideale accanto a loro, compiuto con empatia anche rispetto all’autore, cosa questa non così frequente né, tantomeno, scontata.
“Mancava poco al tramonto e il mare non era, per l’appunto, dei migliori, spazzato da quel vento freddo e teso che non manca mai, per completare l’opera, in giornate così. Eppure non era certo impossibile che, da lì a poco o in piena notte, comparissero su quelle onde traditrici barche e barchini che avrebbero tentato comunque l’approdo.” (3)
Tempesta e inquietudine, ma anche sprazzi folgoranti di sole: il mio viaggio in Calabria è stato forse, seppur in forma e misura diverse rispetto ai protagonisti del romanzo, ancora un viaggio di formazione.
(1) Uno come tanti, pag.245, cap. Fuochi nella notte
(2 e 3) Uno come tanti, pag.190, cap. Santa Lucia